gestire l'estinzione


I dati Istat del 2016 segnano un nuovo punto basso delle nascite in Italia. Il dato, ovviamente, è inquietante, e non si tratta solo di un problema di retorica familiare: il problema è che la parte giovane e attiva della popolazione non ha la possibilità materiale di avere figli e creare una famiglia (qualsiasi tipo di famiglia). Il dato è perfettamente coerente con quelli, altrettanto tragici, della distribuzione della ricchezza e della disoccupazione: sono i dati di un paese che sopravvive a se stesso. Erodendo il piccolo patrimonio di nonni e genitori (casa unica di poprietà, pensioni, risparmi di una vita, perché questo è il "patrimonio" dei non privilegiati) e gli ultimi relitti di stato di diritto ancora parzialmente attivi dopo il progressivo smantellamento del concetto di società. Stato sociale, vale la pena di dirlo, largamente convogliato, nella sua forma residuale, verso gli immigrati. 

Esiste una fascia grigia e variamente composta di cui non si occupa più nessuno. Sono i lavoratori stipendiati, gli operai, i giovani e meno giovani che si sono trovati nel mezzo di una crisi economica spaventosa e ormai ultra decennale, le persone massacrate dalle legge Fornero: la vecchia classe media che nel giro di dieci anni si è trovata declassata a neo proletariato, ma senza tutele e senza case popolari, con un potere di acquisto ridotto del trenta percento e contratti lavorativi ai limiti della sopravvivenza. Non c'è nessun mistero nell'ormai cronico declino italiano. Inettitudine della classe dirigente, corruzione e familismo interni, asservimento agli altri stati europei, anche quando l'Italia aveva un'economia di gran lunga superione alla Gran Bretagna e paragonabile alla Francia. Gli errori storici si pagano. Il punto ora è salvare quello che resta di questo paese. Farlo non tanto per noi, perché ormai c'è poco da fare, ma per chi verrà. Perché nonostante tutto l'Italia rappresenta ancora un argine alla barbarie. La cultura millenaria, i valori morali, la conoscenza. 

Non è retorica: è il senso del cammino della civiltà occidentale che qui, per tante ragioni storiche più qualcosa di imponderabile, ha trovato la sua collocazione privilegiata. Contro la falsa cultura dell'opportunismo e della tecnica sganciata da qualsiasi contenuto etico e umano. Il destino culturale e filosofico dell'Occidente si gioca soprattutto dove esiste la testimonianza dell'identità europea: molto più in una tela di Caravaggio o nell'opera di un artigiano esperto che non nello strapagato design al truciolo di qualche azienda nordica. L'Italia incarna ora come non mai questa diga: è tutto qui quello che può restituire dignità alle persone e rendere il futuro più ricco e meno banale. Più carico di significato e meno dipendente dai soliti soldi. Un'utopia che rappresenta l'unico, vero obiettivo ancora alla portata di questo paese sfibrato: una sfida simbolica giocata sul terreno che è ci è più congeniale. Senza copiare malamente gli altri, per una volta.

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