ipotesi per un saggio

Ricomincio a scrivere in modo pubblico perché vorrei provare a ragionare ad alta voce su un argomento che vado sviluppando da circa quattro mesi in un quaderno rosso a spirale: il luogo comune. Prendo appunti, note di lettura, riflessioni personali. Che cos'è il luogo comune? La meta di un viaggio o la zona grigia in cui abita la distrazione? Finora ho trovato più domande che risposte. Risposte zero per la precisione, o forse mezza: sotto al fogliame della banalità si nasconde sempre una forma occulta di Potere. No, niente teorie della paranoia. Il Potere è quello che serviamo tutti i giorni, anche quando siamo convinti di fare quello che ci pare: sono le informazioni che vengono colate goccia a goccia nelle nostre vene con l'intento di renderci brave persone. Famiglia, Scuola, Istituzione. C'è una catena di montaggio della banalità che ha connotati formativi. Il buonsenso comune che sostituisce il ragionamento critico e surroga la capacità di discernere è la materia trascersale della formazione di Stato o se si vuole il cemento stesso di ogni patto sociale. Da qui, forse la natura ambigua del Banale. Non solo sconcerto filosofico di fronte al male che si incarna in una pratica impiegatizia, ma Male che diventa Bene perché così fan tutti; Male che diventa Bene perché "così si dice" e "così si fa". Quanto sia necessaria questa banalità affinché il concetto stesso di Società sia possibile è una delle domande inquietanti che agitano il percorso di questo libro non libro che ancora non ha preso forma. Ci sono degli elementi cardine attorno a cui ho sviluppato delle piccole ossessioni personali; sono parole calde, mantra, correlativi oggettivi che si annodano nelle ipotesi che passo al setaccio: Conformismo, Massa, Opinione. C'è un filo rosso che lega la possibilità di dire la propria con le parole a vanvera e la sindrome del gregge con la relatività di ogni Legge. Assiomi sacri sessant'anni fa che oggi sono il Male Assoluto, fondamenti sociali che oggi non contano più niente. Il tutto fuso nella retorica che ogni Stato impone alla massa come nucleo fondante di ogni realtà. Dalla cultura orale del periodo mimetico/poetico alla retorica della Famiglia: due estremi che a migliaia di anni di distanza pongono la verità costitutiva della vita nel culto della tradizione. E tutto questo senza una vera ragione per scrivere e senza un pubblico, ma anche senza un interruttore che possa interrompere questo ammasso di congetture.