stasera paga lui


C'è una trama parallela dietro l'abbagliante squallore delle così dette cene eleganti. Al di là delle implicazioni giudiziarie. Ed è un insopportabile sentore di frivolo, di canzonetta scacciapensieri più che di orgia trimalcionesca. Perché se il problema giudiziario è stabilire il confine tra lecito e illecito sessuale, la questione politica, morale e civile è di altro grado, ed è capire se oggi l'Italia ha abbastanza rispetto di se stessa da non accettare più gli umori padronali di un monarca assoluto. Non parlo solo di Berlusconi e della sua corte, ma di qualsiasi Padrone con qualsiasi codazzo di dignitari. Lo dico subito, secondo me la risposta è no. Una maggioranza relativa molto rumorosa ha decretato che le cose vanno bene così. E che oggi, in Italia, la rappresentazione del potere nella sua veste più volgare e scadente è perfettamente possibile e sopportabile, perché in costante sintonia con i sogni, le aspirazioni e in generale l'umore di gran parte del paese. L'uomo ricco e potente di stampo rinascimentale (ma non solo, anche in anni più recenti) oltre agli stravizi, era solito coltivare la frequentazione di scienziati, artisti, intellettuali. Erano occasioni di incontro che avevano ricadute sulle scelte politiche e in generale sulla vita dei cittadini. Il denaro e il potere cioè avevano uno scopo che andava oltre il denaro e il potere stessi. La vera rivoluzione berlusconiana sta proprio nell'aver inteso il denaro come qualcosa che in fondo non porta a nulla, se non alla conservazione pura e semplice del vizio come categoria esistenziale. Per paradosso, i soldi di Berlusconi non servono a niente. Le sue aziende, nel momento stesso in cui la stampella della politica scricchiola, sono sempre sul punto di dissolversi. Le scelte politiche della sua amministrazione, a guardare con distacco, sono sempre state puerili, insufficienti, o apertamente ridicole. Lo spessore, se così si può dire, se lo sono costruito attraverso la reiterazione del messaggio a mezzo televisivo, sia diretto (con le reti di proprietà), sia indiretto, con la dialettica tautologica delle tribune politiche. E se per un attimo si prova a intravedere un nesso tra la cena elegante e la politica che le fa da corrispettivo, si getterà lo sguardo su un puro vuoto che in definitiva non chiede altro che spazio; un vuoto coerente, che da trent'anni non fa che ripetere le stesse identiche cose: poche, semplici parole d'ordine che hanno avuto come unica missione quella di rimuovere la realtà sostituendola con la sua parodia. E la cena elegante, persino nella sua versione annacquata e bonaria, si presenta come la sintetica, plastica rappresentazione di questo allucinante sistema di potere. 

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