dicesi onorevole

Mi piacerebbe sapere perché Walter Veltroni pubblichi romanzi. Che li scriva è una faccenda sua. Pienamente rispettabile, ma sua. Che li pubblichi presso una grossa casa editrice inflazionando ulteriormente il già affollato, confuso, disordinato settore romanzo è un'altra storia. E non una bella storia. Un politico, semplicemente, non potrebbe pubblicare romanzi con grandi case editrici. Dovrebbe autofinanziarsi, appoggiarsi alla piccola editoria, scrivere magari sotto pseudonimo. Se la passione è passione, un politico (ma anche un cantante, un calciatore, un presentatore televisivo, un magistrato) dovrebbe avere il coraggio di partire dal basso, non dalla business class, approfittando del nome e del consenso, in questo caso editoriale, che la sua firma su una copertina porta. Non ci siamo così, onorevole. E' un gioco sleale, un pasticcio senza forma che sta intorbidando le acque e confondendo le idee. Eppure sarebbe tanto semplice: basterebbe fare il proprio mestiere, evitando di umiliare le lettere e gli scrittori (veri e poveri) con delle alzate di testa che nessuna casa editrice, nemmeno a pagamento, sarebbe disposta a pubblicare se sul frontespizio non ci fosse un nome famoso. Le celebrità che trattano i libri come un parco giochi e l'editoria come il giardinetto di casa dove divertirsi nel tempo libero dovrebbero meditare seriamente su questo aspetto: in tutta onestà, chi sarebbe disposto a pubblicarvi per i vostri meriti letterari? Scrivere non è un gioco. Non è un ramino con gli amici. Non è nemmeno il campo di battaglia dove sfogare le frustrazioni o la scommessa tardiva di puntare sul proprio talento artistico: per qualcuno è una questione cruciale, un più o un meno, un vivere o morire. E allora basta con le prese in giro, con questa continua reductio della letteratura a svago e svacco, passatempo per papaveri. Non sono più tollerabili le invasioni di campo degli onorevoli come Veltroni nel campo minato dove migliaia e migliaia di altre persone rischiando di lasciarci la pelle tutti i giorni; non è giusto, è un delitto, che la si finisca. 

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