accoppiamenti giudiziosi

Discutevo giusto ieri, con un amico, del rapporto tra arte e arte concettuale; del legame (o del divario) che serve a spiegare la connessione tra un'arte del saper fare e un'arte da interpretare in chiave estetico formale. Poi, oggi, osservo la riproduzione di cui il presente link. Lana sutra. Manichini di lana in posa porno a significare, stando alla didascalia, il solito amore universale. Abilità nel manipolare la materia (a parte gli scherzi non dev'essere per niente facile scolpire dei gomitoli di lana) al servizio della più banale delle chiavi di lettura amorose: quella specie di Bibbia inguinale che risponde al nome di Kamasutra, che dalla pur nobile origine mistico sacrale è giunta, sulle tavole di noi occidentali, sotto forma di breviario porno a uso voyeuristico. E' arte tutto questo? Possiamo parlare di arte o ci troviamo di fronte ad una manovra commerciale ordita da Benetton e agghindata di tutte le cialtronate finto tecnologiche ("vetrine digitali Live Windows e streaming sul web", ma per vedere che? I gomitoli che si accoppiano?) di cui disponiamo al momento? La domanda pende, un po' sconcia, come le lenzuola da un letto sfatto. Nel logoro riciclo di luoghi comuni, la pubblicità, ancora una volta, occupa un posto d'onore. La pubblicità che si ammanta della patina oleosa dell'arte concettuale per vendersi meglio. Ma paga uno scotto, evidente come un marchio di fabbrica (o di Caino): l'assoluta incapacità di dire qualcosa di nuovo, o qualcosa di spiazzante. Il nascondersi dietro il finto scandalo poi (forse una campagna del genere poteva dare fastidio negli anni 50) è un altro dei processi comunicativi collaudati di cui la pubblicità abusa: un po' come le dive in disarmo che ostentano il pancione su una copertina patinata. Solo una società immatura e alquanto patetica può trovare qualche prurito nella sessualità o in un fatto normale come la gravidanza. Un'arte che si accoda a tutto questo, forse, non merita di essere definita arte. Un'arte del passo indietro, del lavoro commissionato, dello scadimento a pettegolezzo, non è più libera espressione, ma prestazione professionale.

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