viale Ceccarini

In questo agosto caldo e frastornato è andato a Riccione, dopo sei anni in cui è accaduto praticamente di tutto. E lui è ancora lì. Stavolta dalla parte opposta della città, non più nelle retrovie delle pensioni di poche pretese ma nell'avanguardia frontemare, nella compagine prelibata e zuccherina di questa specie di perenne festa mobile, fatta di cordialità e chiasso, famiglie in trasferta e gioventù ingorda di rumore e vita. E' rimasto lì, tra la sabbia e il verde dell'Adriatico. Ha parcheggiato la macchina sotto i pini marittimi e ha ripensato a quando, anni prima, aveva invece preso il treno. E' tornato sui suoi passi, nel mitico viale Ceccarini, dove niente sembra cambiato, ma è solo un'impressione: sotto le luci tonanti delle insegne pubblicitarie e lo sfavillio delle vetrine, la vita ha mosso i suoi passi. Il lento fiume ha trascinato a valle un po' di detriti, un po' di umanità. Ha cercato invano la stupenda libreria dove sei anni prima aveva acquistato l'Ulisse di Joyce, ma non l'ha trovata. Scomparsa, come sabbia dalla clessidra. Non l'ha presa bene. In compenso i vecchi pini marittimi sono ancora al loro posto, testimoni di quattro o cinque decenni di mutamenti psicologici, sociologici e anche economici. La riviera continua la sua esistenza, in una partita a carte truccate che può lasciare indifferente il turista, ma non il viaggiatore di passaggio. I tandem, i risciò, le biciclette sgomitano per trovare una fessura attraverso cui passare; i locali traboccano; ragazzini trascinano i genitori in una delle numerose sale giochi; la zingara legge la mano; la donna di colore intreccia i capelli di una ragazza bionda. Lui si è seduto su un muretto e ha aspettato. C'era il tipico odore di umanità satura, di sangue, di vitalità prepotente. Si è sentito allo stesso tempo distante e invischiato in quello spaventoso brodo emotivo. Fuori dalla cerchia cittadina si apre l'oceano di discoteche, giostre, e ancora discoteche. Le vie di raccordo sono lingue polverose ricoperte da un leggero velo sabbioso, terre di nessuno dove sfrecciano le auto notturne, in cerca di altre luci. Luci. Luci.

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