referendum, il giorno dopo

Cominciamo, perché no, dicendo che è stata una vittoria di opinione prima che un'affermazione politica: circa 25 milioni di italiani si sono presi la briga di andare alle urne per dire che la legge è uguale per tutti, che l'acqua è un bene di tutti e che il nucleare è meglio lasciarlo perdere. Il fatto che questa presa di posizione cozzi con la strada intrapresa dal governo fino a questo momento è un dato politico evidente e innegabile, ma oserei dire quasi secondario: il segnale che emerge prepotente è invece il ritorno delle persone alla politica. Politica diretta, volta a risolvere problematiche importanti, che hanno a che vedere con il futuro immediato della società e con le linee guida con cui vogliamo costruirlo questo futuro. Quella di ieri è stata una vittoria contro la rassegnazione, contro il lassismo. Contro l'egoismo. Se dovessi proprio rintracciare un'etichetta con cui contrassegnare il voto al referendum non potrei che definirlo progressista: è un voto che guarda al domani con la consapevolezza dell'oggi, un voto saggio, maturo, che non si è fatto incantare dalle chimere di regime né dalle promesse degli imbonitori. E' stata una scelta di popolo nella sua accezione migliore, una mobilitazione che è partita da lontano, a dispetto dei partiti i quali - tutti insieme ad eccezione di quelli promotori - avevano deriso l'iniziativa del referendum, salvo poi tentare in extremis di saltare sul carro. Ho una mia personale convinzione: la chiave di questo successo sono stati i giovani, i nuovi elettori, quelli che sono cresciuti sotto la cappa berlusconiana e che a poco a poco hanno preso consapevolezza di se stessi e della propria concezione di politica. Internet, altro grande protagonista di queste ore, è stato il mezzo, il luogo di incontro, insieme al porta a porta, al volantinaggio, ai raduni in piazza, alle discussioni porta a porta. Questa è stata la svolta: la passione, l'impegno, la gratuità. Crederci insomma. E a nulla è servito il vergognoso boicottaggio tentato dal grosso delle televisioni (con esiti in qualche caso imbarazzanti) e la spropositata campagna del silenzio operata dai classici mezzi di informazione, salvo sparute e il più delle volte tardive eccezioni. No, questa corrente di pensiero ha trovato altri canali attraverso i quali raggiungere il suo mare. Non si dica che è stato un trionfo dell'antipolitica: è vero semmai il contrario, è stato il successo della partecipazione, e con delle idee di fondo peraltro ben definite e coerenti. Era ora che le idee prevalessero sull'interesse privato.

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