va di moda

Se mi domandassero in quale campo si concentri la quantità più rilevante di sopravvalutazione, risponderei nella moda, senza grandi esitazioni. Non sono mai riuscito a trovarci niente di interessante, di più: non sono mai riuscito a individuare, in quelle tristissime passerelle, il vero movente. Oltre a quello economico, si intende. Ma per quanto viviamo in una società che ha fatto della monetizzazione il suo parametro principale, il solo rendiconto economico non credo basti a spiegare non tanto gli introiti miliardari degli stilisti (sarebbe quasi una tautologia) ma piuttosto il loro crescente ruolo sociale, accreditati di una sapienza stilistica che non si capisce bene da dove provenga. Moda e stile coincidono? E' solo una delle tante domande. La più scontata delle risposte sarebbe: no, non coincidono. E anche il solo pensare che un vestito travalichi la propria realtà di stoffa e artigianato per diventare archetipo di un'epoca la vedo solo come una delle tante deformazioni novecentesche, secolo di media e di masse ammaestrate con qualche moneta in più a disposizione. Il progressivo spostamento della nozione artistica - o sarebbe meglio dire del concetto d'arte - da ciò che è propriamente artistico a ciò che bene che vada incarna la sua parodia, dovrebbe dirla lunga sulla fase da basso impero che stiamo attraversando. O che ci stanno facendo attraversare, il che non è propriamente la stessa cosa. Mi spiego meglio: noi oggi conosciamo l'abbigliamento rinascimentale, conosciamo anche quello medievale, romano antico, greco, fenicio e via dicendo, solo che non usiamo quel parametro per definire un'intera epoca storica, come invece oggi la facile equazione moda uguale società tende a fare. Gli esempi di questo tentativo abnorme di banalizzazione lo vediamo tutti i giorni, su giornali e telegiornali, dove il tempo dedicato a sfilate e cose simili è semplicemente spropositato, incongruo, fuori controllo. Si dirà che la ragione è industriale, dunque ancora una volta economica: questo è quello che esporta l'Italia. Senza volerlo siamo incappati in una risposta tanto sconcertante quanto inoppugnabile.

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