le scelte sbagliate


E' importante, a mio avviso, che i paesi concentrino l'attenzione sull'equità, facendo in modo che i frutti della crescita siano ampiamente condivisi. E' un dovere morale battersi per l'equità, ma questa è necessaria perché la crescita sia sostenibile. La risorsa più importante di un paese è la sua gente e se una gran parte della popolazione non sfrutta tutte le proprie potenzialità, [...] il paese non riuscirà a sviluppare tutto il proprio potenziale.

Joseph E. Stiglitz, La globalizzazione che funziona, Einaudi.

Le parole qui sopra riportate sono importanti per inquadrare il problema che stiamo vivendo in queste ore, e che con tutta probabilità L'Europa dovrà affrontare nei prossimi mesi (e nei prossimi anni). Le ondate migratorie dall'Africa non si arresteranno, anzi, aumenteranno. Non ci vuole un esperto di economia per intravedere le cause di questo spostamento enorme di persone che fuggono da situazioni di vita inaccettabili alla ricerca di un miraggio di benessere. Stigliz non è un pericoloso bolscevico né tantomeno un black block, ma un Premio Nobel che si è posto alcune domande in merito ai risultati fin qui ottenuti dalla globalizzazione, fornendo tesi e correttivi che inquadrano il fenomeno al di là di ogni pregiudizio ideologico o strumentale. Nel semplice concetto secondo cui "la risorsa più importante di un paese è la sua gente" c'è già una proposta politica che va ben oltre i palliativi impiegati dai governi per fermare i flussi migratori, ma non per risolvere il problema - drammatico - che sta a monte: malnutrizione, scarsa scolarizzazione, mancanza di infrastrutture, sfruttamento indiscriminato del territorio e via di questo passo. In altre parole, pagare un feroce dittatore perché si regoli come meglio crede con i migranti non è una soluzione politica, ma un semplice (e sconcio) tappo che prima o poi sarebbe saltato comunque. Non sono state messe le persone al centro della politica europea e mondiale, ma sono stati messi gli interessi immediati. Si è parlato di realpolitik. Ma può definirsi pragmatica una politica che si occupi solo dell'immediato presente ignorando mutamenti sociali ed economici, in moto da decenni, che stanno per presentare il conto? E' sotto gli occhi di tutti come, di fronte ai mutamenti della Storia, non c'è tacco dittatoriale che tenga.

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