tutte le manie di Bob



C'era una volta un grande attore, un mito, un inarrivabile del gotha Actor's studio: Robert De Niro. Uno che per intenderci in un solo anno, il 1976, se ne usciva con tre film epocali: Novecento, Taxi driver e Gli ultimi fuochi. Tutto in una volta. Non era finita lì: nel giro di pochi anni sarebbero fioccati altri capolavori, basti pensare a Il cacciatore (la cui locandina dopo anni di affannosa ricerca campeggia finalmente alla parete del mio studiolo) o a Toro scatenato, per tacere di tutto il resto. Sono passati 34 anni da quel 1976, 35 se si conta che le riprese di Novecento si svolsero nel 1975. Ora, un De Niro piuttosto stazzonato e a corto di bei film da almeno quindici anni, è stato avvistato a Roma, per un colloquio preliminare il cui oggetto è una nuova produzione italiana, la prima dopo la storica collaborazione con Bernardo Bertolucci. Il regista non sarà lo stesso però. Il film in discussione è Manuale d'amore 3, diretto da uno dei peggiori cineasti italiani in circolazione, quel Giovanni Veronesi che in passato si è distinto, oltre che per i due precedenti e dimenticabili capitoli della saga, anche per Silenzio si nasce, Il mio west, Streghe verso nord e Che ne sarà di noi. Il fatto che De Niro sia arrivato a questo punto, che Veronesi abbia grande successo di cassa e che Bertolucci non riesca a fare un film da sette lunghissimi anni, dovrebbe dirla lunga sullo stato delle cose, o se vogliamo dell'arte: un triste pantano popolar televisivo che ha smesso qualsiasi ambizione, cadendo a sua volta nella madre di tutti gli equivoci: credere che questo sia cinema. Mi dispiace per Bob, dico sul serio, meritava un finale di carriera migliore. Chissà se il suo amico Bernardo ha qualche cosa da proporgli.

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