coccodrillo

Il panegirico, la rievocazione post mortem nostalgica, agiografica, assolutoria e chi più né ha più ne metta è uno spettacolo deprimente. E' anche un genere letterario, per carità, ma ciò non toglie che sia un genere ignobile. Il saluto al caro estinto ha in sé qualcosa di insopportabilmente cattolico popolano, da buon senso delle nonne, in cui il sano "non parlare male di chi non c'è più" è stato sostituito dall'esatto opposto, ovverosia il parlarne bene a forza, il rievocare, il reinterpretare, e nel peggiore dei casi l'ergersi a esegeti unici, autentici, ammiccanti, come quello al bar che la sa lunga e te la racconta lui la storia vera. In questa abnorme sviolinata cadono tutti. Cantanti, politici, uomini dello spettacolo. "Tutti dicevano: io sono stato suo padre purché lo spettacolo non finisca" diceva una canzone. Non conta più chi sei stato, che cosa hai fatto, come ti sei comportato, che cosa lasci dopo di te, conta solo quanto il telegiornale è in grado di incensarti, impalcando per te l'altarino votivo a cui tutti devono versare lacrima e obolo, pensierino da "si stava meglio quando si stava peggio" e un mazzo di fiori. Ma anche questo, a pensarci bene, fa parte della spettacolarizzazione commerciale a cui ci ha ridotto l'attuale sistema televisivo: un mercimonio senza ritegno, dove anche un feretro può servire a piazzare una televendita in più, e dove le parole non hanno più senso e ci si può permettere di dire qualsiasi cosa, certi dell'oblio, garantiti dal velo di ipocrita dimenticanza che ha avvolto più o meno ogni residuo di critica. Ma d'altra parte il tanto desiderato processo di involuzione mentale che vede protagonista il popolo italiano necessita anche di questa tappa. Che non è peggiore o più umiliante di tante altre: è solo una fisiologia conseguenza.

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