murales

Basta svolgere una rapida ricerca su internet per scoprire quanto questo paese ha a cuore arte e cultura, al di là di tanta retorica. Un artista che non è più tra noi, Keith Haring, celebre alfiere della seconda generazione pop art, lavorò a lungo in Italia, regalandoci alcuni dei suoi graffiti più belli e significativi. Di questi, possiamo ammirarne uno solo: quello rimasto a Pisa, Chiesa di Sant'Antonio Abate, chiamato Tuttomondo. Gli altri? Beh, gli altri non ci sono più. Non li hanno rubati. Un murales di Milano è stato molto creativamente scrostato dalla parete e trasferito a Parigi. I due di Roma, uno al Palazzo delle Esposizioni, uno nella metropolitana, sono stati puliti. Cancellati. Coperti da una mano di vernice. Credo che questa storiella sia abbastanza emblematica di come siamo abituati a vivere l'arte e di quanto siamo bravi nel conservarla. Difensori delle colate di cemento, della dissipazione dell'ambiente, dello sfascio del territorio in nome di un distorto senso del progresso, e allegramente incapaci di preservare il patrimonio artistico. Perché questo ormai era Haring: patrimonio artistico. Tutelato e valorizzato nel resto del mondo, ma non qui. Qui andiamo di calcestruzzo, amiamo il disboscamento, i palazzotti e la villette a schiera, ma odiamo i graffiti. Guai, sono segno di indecenza. Abbiamo un grande coraggio quando si tratta di deturpare il bene di tutti, poco o nulla quando sarebbe un dovere morale opporsi all'edilizia selvaggia. Sarà bello vedere come la Storia riderà dei nostri valori piccolo borghesi, della nostra miope ipocrisia benpensante. Una mano di vernice sarebbe da dare alla faccia di chi ha permesso questo scempio. Basta fare dei controlli. Vedere chi era al timone delle giunte comunali negli anni di questa mattanza.

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