poesie

Oltre ogni umana sopportazione l'iniziativa di Telepadania di proporre i classici di Dante Alighieri e Giacomo Leopardi in una improbabile versione bergamasca. Iniziativa comica, inutile, supponente. Inutile perché abbiamo la fortuna di conoscere un idioma, l'italiano, che ci consente di comprendere la meraviglia dell'originale; comica e supponente per via di quel senso da strapaese che sottende all'uso leghista del dialetto. Il dialetto diventa una clava da spaccare sulla fronte al diverso, un valico con cui segnare il confine e con cui promuovere combriccole locali, che si inventano una fratellanza etnica che non esiste e che se esiste sconfina pericolosamente con atteggiamenti razzisti. Ci sarebbe dell'ottima letteratura dialettale, si potrebbero proporre degli speciali su quella. Tradurre i classici della lingua italiana in bergamasco è un'operazione nulla da un punto di vista filologico, e serve solo come provocazione, si potrebbe chiuderla così se non fosse che l'affronto è grossolano, truce, tanto più violento quanto più motivato da una sostanziale mancanza di sensibilità culturale. C'è un dato curioso però: gli amici leghisti, nella loro patria di fantasia, includono anche Toscana e Marche (!!!), per cui, sempre secondo le loro sbalestrate teorie, Dante e Leopardi sarebbero padani, al che mi chiedo: che bisogno c'è di tradurre la lingua dei conterranei? Ma sono tutte domande oziose ovviamente. E' come disquisire sull'idioma dell'Isola che non C'è, sulla lingua dell'El Dorado. Un po' di sogno a buon mercato non ha mai ucciso nessuno.

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