spaccature

Messa in cassa l'ennesima batosta elettorale, provo a fare due semplici ragionamenti. Il primo: la gente vuole questo centrodestra, non so se in mancanza di meglio o per convinzione, ma poco importa. Secondo: la sproporzione tra città e provincia, con la prima su posizioni nettamente progressiste, la seconda arroccata sulle fronde più reazionarie. E' come se ogni regione del paese presentasse una doppia lettura: Torino e il Piemonte, Venezia e il Veneto, Roma e il Lazio. Persino Milano, da anni ormai cuore reazionario e borghesotto della penisola, ha si può dire respinto al mittente l'istanza cattoleghista. Ma ci pensano le province, per l'appunto, periferia sterminata e magmatica che con un colpo di frusta rimette le cose a posto, nel segno della continuità retriva, ora cattoleghista ora nera. Siamo di fronte ad una dicotomia di antica data, oggetto di studi storici e storiografici che hanno spiegato solo in parte come sia possibile questo doppio binario. E' un fenomeno che in Italia è particolarmente evidente, ma che ha i suoi degni epigoni anche altrove, in Francia per esempio, dove è netta la distinzione tra Parigi e il resto del paese, oppure anche negli Usa, con lo scarto culturale che separa New York dall'Alabama o dal Texas. Ma perlomeno significa che c'è ancora una speranza. La contrapposizione tra strapaese e metropoli è forse il tema su cui si incentreranno sempre di più le tenzoni politiche e culturali dei prossimi anni, a patto che si lavori perché l'onda virtuosa proveniente dai capoluoghi sappia coinvolgere anche i centri meno forniti da un punto di vista culturale e politico, creando finalmente una connessione e uno scambio tra le diverse mentalità. Infine un mio personale respiro di sollievo: l'amata Venezia rimasta in buone mani. In tutta onestà vedere una delle città più belle del mondo in mano a quel buffo personaggio che parodia se stesso sarebbe stato un colpo forte. Ma i veri amori non tradiscono. Grazie.

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